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CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE

COPPIA DI CONSOLES CON SPECCHIERA, NAPOLI, FINE SECOLO XVIII  - Asta CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE - Associazione Nazionale - Case d'Asta italiane
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COPPIA DI CONSOLES CON SPECCHIERA, NAPOLI, FINE SECOLO XVIII

 COPPIA DI CONSOLES CON SPECCHIERA
NAPOLI, FINE SECOLO XVIII
legno intagliato, dipinto e dorato, piani in marmo portoro; console cm 97x138x62, specchiera cm 242x148

Provenienza
Taranto, Palazzo Valva d’Ayala;
Roma, Collezione del Balzo di Presenzano

Bibliografia
A. Gonzàlez-Palacios, “Mobili napoletani del Settecento”, in M. Riccòmini (a cura di), Scritti per Eugenio. 27 testi per Eugenio Riccòmini, Bologna 2017, pp. 220-226


La coppia di tavoli da muro ha forma semicircolare e il piano in marmo portoro è sorretto da sei gambe troncoconiche disposte curiosamente a coppie sul fronte e singole sul retro, interamente laccate di bianco con profonde scanalature nella parte centrale, un motivo embricato nella parte inferiore e dei capitelli con foglie d’acanto a sorreggere la larga fascia sottopiano, che si presenta con un fondo azzurro decorato da festoni policromi e corolle con nastri, intervallati a foglie d’acanto che scendono dall’alto. Le grandi specchiere, anch’esse laccate di bianco su fondo azzurro, sono incorniciate ai lati da due coppie di semicolonne, scanalate come le gambe dei tavoli, caratterizzate alla base, al centro e alla sommità da foglie d’acanto. Lo zoccolo della base richiama in maniera semplificata il motivo della fascia delle consoles, che ritorna invece con maggior forza a chiudere superiormente gli specchi, incorniciata da una doppia cornice con dentelli e ovoli. Al di sopra è la parte più scenografica e architettonicamente ardita della composizione, con un tempietto circolare reso in prospettiva, sorretto da sei colonnine scanalate con base e capitello a reggere una cupola decorata con embricazioni e centrata da tripode con arpie a sostenere un vaso fumante; ai lati due grifoni rivolti verso l’esterno, uniti al tempietto da un festone fiorito. Il tutto dipinto in vivace policromia, a impreziosire ancor più la grande maestria dell’intagliatore.

A parere di Alvar Gonzàlez-Palacios, che ha recentemente pubblicato questi due straordinari mobili (Mobili napoletani del Settecento, Bologna 2017, pp. 220-226), “questi tavoli raggiungono la più alta qualità espressa nel campo degli arredi napoletani della &
64257;ne del Settecento. Essi sono particolarmente vicini a quanto si produsse per la famiglia reale dei Borbone in quell'epoca, soprattutto a ciò che si eseguì per la dimora di Ferdinando IV e di Maria Carolina nella Villa Favorita di Resina e ai vari mobili approntati per le nozze del Principe Ereditario Francesco nel 1797 con sua cugina, l’Arciduchessa Maria Clementina d’Austria”.
In comune con questi arredi appena citati c’è tra l’altro sicuramente l’uso di una policromia molto vivace, che ritorna in maniera costante in tanti mobili oggi conservati nella Reggia di Caserta, come ad esempio in una coppia di comò dipinta in policromia con arabeschi e piccoli fiori su fondo grigiastro, oppure un’altra serie di mobili ancora a Caserta decorata a rilievi policromia su fondo chiaro.
A questo proposito torna utile citare ancora Alvar Gonzàlez-Palacios, il quale ha scoperto che l’artigiano reale Antonio Pittarelli fu pagato per avere “dorato e colorito” alcuni mobili alla fine del Settecento per gli appartamenti reali di Caserta. “La tecnica che lui adoperava - continua lo studioso – viene specificata: aver colorito con quattro mani, due ad olio, due ad acqua di raja di color bianco […] dipingendola con &
64257;ori ed un’impresa. Altro artigiano reale, il doratore Bartolomeo di Natale, venne pagato nel 1781 “per aver dorato due sofà e due duchesse nella camera della testata dopo il Gabinetto della Regina. In tutti quei lavori era spesso coinvolto Carlo Vanvitelli, figlio del più famoso Luigi. Una specchiera ovale poggiante su un tavolo semicircolare, anch'essa a Caserta, appare particolarmente vicina ai nostri due arredi sia per la policromia sia per il tipo di intaglio che accosta elementi &
64257;gurativi a registri architettonici e &
64257;ori”.
Analizzata fin qui la decorazione policroma delle consoles, altrettanta attenzione merita certo l’impostazione architettonica dei mobili, che pur nella sua rarità trova confronti ad esempio in alcune sovrapporte di Palazzo Davalos a Napoli (vedi fig. 1), caratterizzate da analoghi tempietti con una statua al centro, che secondo Chiara Garzya (Interni neoclassici a Napoli, Napoli 1978, pp. 47-48) potrebbero essere state ideate dall’architetto Mario Gioffredo (1718-1785).
Ancora Alvar Gonzàlez-Palacios (Il Tempio del Gusto, Milano 1984, p. 265, fig. 206, tav. LXVII) avanza altri due interessanti confronti: una console proveniente dalla Villa della Favorita di Palermo e oggi nel Museo di Capodimonte, per la curiosa soluzione di far reggere un piano semicircolare da sei gambe distribuite a coppie sul fronte e singole sul retro; e poi alcuni sgabelli provenienti sicuramente da Napoli e oggi ancora alla Villa della Favorita di Palermo, per le arpie che sorreggono il vaso nel nostro tempietto.

Poche e frammentarie invece le notizie circa i passaggi collezionistici dell’importante coppia di consoles, passate per Palazzo Valva d’Ayala di Taranto, oggi nella prestigiosa collezione romana dei del Balzo di Presenzano, famiglia nobile documentata (vedi fig. 2) dal X secolo ed originaria di Les Baux de Provence in Provenza, discendente da rami cadetti dalla nobile casata dei Signori di Baux. I del Balzo ebbero particolare fortuna nel Mezzogiorno d'Italia, tanto che furono annoverate tra le sette grandi casate del Regno di Napoli. Capostipite certo fu Ponzio I, visconte d'Arles, dal quale discesero i visconti di Marsiglia (965) e Ponzio III juvenis, signore di Les Baux (981). Da costoro discesero i primi del Balzo che arrivarono in Italia nel 1265 al seguito del conte di Provenza Carlo I d'Angiò, dando origine a diversi rami, dei quali oggi rimangono soltanto le linee di Presenzano e Caprigliano, discendenti direttamente da Bianchino del Balzo, figlio ultrogenito di Francesco I duca d'Andria e di Sveva Orsini. Quest'ultimo fu il padre di Vincenzo, che continua la linea dei baroni di Santa Croce (estinti), e di Francesco, capostipite di quella dei baroni e poi duchi di Schiavi (estinti), dalla quale si diramano i rami dei duchi di Presenzano (privilegio dell'imperatore Carlo VI d'Asburgo del 27 gennaio 1734 in favore di Giacinto del Balzo) e di Caprigliano (1° privilegio del re Carlo II d'Asburgo dell'8 luglio 1696 in favore di Vincenzo I del Balzo, e 2° privilegio del re Carlo III di Borbone del 30 novembre 1749 in favore di Antonio I Lorenzo del Balzo).


CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE
gio 28 SETTEMBRE 2017
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EUR 120.000,00 / 180.000,00