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DA MERCANTE A Collezionista: CINQUANT'ANNI DI RICERCA PER UNA PRESTIGIOSA RACCOLTA

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Agostino Zoppo

 Agostino Zoppo
(1520 circa - 1572)
BUSTO DI GUIDO D’AREZZO
marmo, cm 68x55x34

Come indica la scritta presente nel peduccio (scolpito nello stesso blocco di marmo del ritratto), questo busto raffigura il monaco benedettino Guido di Arezzo vissuto nell’XI secolo e ritenuto il creatore della moderna notazione musicale articolata in sette note. La fortuna iconografica di questo personaggio fu notevole specie in ambito benedettino poiché l’ordine riconosceva in Guido, nonostante egli non fosse né un Santo né un beato, una delle figure più straordinarie fra coloro che avevano fatto parte della congregazione religiosa fondata nel VI secolo da San Benedetto.
I caratteri stilistici di questa immagine chiamano in causa la produzione scultorea veneta di secondo Cinquecento. Proprio qui, fra Venezia e Padova, negli anni che precedono la metà del secolo, artisti come Danese Cattaneo (1512-1572) e Alessandro Vittoria (1525-1608) crearono alcuni dei massimi capolavori della ritrattistica rinascimentale scolpita tanto in marmo, quanto in bronzo e in terracotta. A quei modelli ha senza dubbio guardato anche l’autore del nostro ritratto. Il busto, ieraticamente frontale, mostra una singolare ma assai efficace economia di mezzi: la veste del religioso dove viene segnata con una semplice incisione l’attaccatura delle maniche, esibisce solo qualche sottile accenno di pieghe sul petto mentre in alto il cappuccio circonda la testa leggermente ruotata verso destra. Qui lo scultore dispiega una notevole sottigliezza di passaggi nel restituire i caratteri del volto, il leggero incavarsi delle guance, il corrugarsi della fronte in corrispondenza delle sopracciglia e la pacata ma intensa nobiltà dello sguardo. Un vero pezzo di bravura è poi costituito dalla barba, allo stesso tempo meticolosamente incisa ma complessivamente ricca di passaggi pittorici che ne esaltano brillantemente gli effetti di chiaroscuro. Proprio tali elementi e cioè da una parte la rarefatta sintesi descrittiva della veste, dall’altra la sontuosità materica nella resa della barba, sono quelli che richiamano con maggiore forza i ritratti dello scultore cui credo spetti questo busto e cioè il padovano Agostino Zoppo (Padova 1520 circa-1572). Noto soprattutto per i suoi bronzetti e per la produzione di gusto antiquario di cui il Monumento di Tito Livio nel Palazzo della Ragione a Padova (1547) rimane la testimonianza più celebre, Agostino Zoppo fu altresì autore di una serie notevole di busti che solo gli studi più recenti hanno saputo individuare e mettere a fuoco nella loro originalità all’interno del complesso contesto della produzione veneta dell’epoca. Nel 1999 l’identificazione del Busto di Luca Salvioni Gallina (Minneapolis Institute of Arts) con il ritratto di un personaggio di questa famiglia citato nella Nota dei crediti dello Zoppo, redatta all’indomani della sua scomparsa nel 1572 (D. Myers, Renaissance Portrait Sculptures small and large, in ‘The Medal’, 34, 1999, pp. 3-10), ha consentito di porre finalmente una base documentata per ricostruire tale attività; attività che dovette essere tutt’altro che sporadica come dimostrano intanto gli otto ritratti menzionati in quella stessa nota ma anche la possibilità di collegare stilisticamente al Busto di Luca Salvioni Gallina vari altri busti.
Nel 2009 Claudia Kryza Gersch ha proposto di avvicinare allo Zoppo il cosiddetto Busto di Girolamo Fracastoro del Kunsthistorisches Museum di Vienna (Porträt eines paduanischen Gelehrten, in Wir sind Maske, catalogo della mostra di Vienna a cura di S. Ferino Pagden, Cinisello Balsamo 2009, p. 86, n. I.19) e, per parte mia, gli ho riferito altri tre ritratti in bronzo e uno in terracotta. Quelli in bronzo sono il cosiddetto Busto di giurista della Frick Collection di New York (inv.16.2.47), il Busto di gentiluomo del Victoria and Albert Museum di Londra (inv. 576-1865) e il Busto di Giovan Pietro Mantova Benavides della Ca’ d’Oro; quello in terracotta è il Busto di Matteo Forzadura (collezione privata), in passato attribuito a Danese Cattaneo o a Francesco Segala (Andrea Bacchi, Agostino Zoppo, Busto di Matteo Forzadura, in D. Banzato E. Gastaldi, a cura di, Ospiti al museo: maestri veneti dal XVI al XVIII secolo tra conservazione pubblica e privata, catalogo della mostra, Padova 2012, p. 56-59). Va notato fra l’altro come tutti questi busti abbiano lasciato da tempo la città di Padova, circostanza che attesta la notevolissima considerazione di tali opere, molte delle quali approdate in importanti istituzioni museali in Europa e negli Stati Uniti. Una circostanza tanto più notevole se pensiamo che spesso questi busti vennero acquistati senza che se ne conoscesse il nome dell’autore o quello del personaggio raffigurato, ma soltanto in virtù della loro qualità e dell’aura di grande prestigio, da sempre riconosciuta alla bronzistica e più in generale alla scultura patavina. Diversamente dalla maggior parte di quelli finora noti, il Busto di Guido Monaco è scolpito in marmo, materiale utilizzato da Agostino in questo campo solo per il già citato Busto di Tito Livio che, stilisticamente, sembra però precedere di vari anni il busto qui considerato. Di fatto dunque i confronti migliori per confermare allo Zoppo il Busto di Guido Monaco sono quelli con il Busto di giurista della Frick Collection e con il Busto di Matteo Forzadura due opere che si collocano nella fase più tarda della sua attività, direi posteriormente al 1560.
A.B.




DA MERCANTE A Collezionista: CINQUANT'ANNI DI RICERCA PER UNA PRESTIGIOSA RACCOLTA
mer 11 OTTOBRE 2017
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