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Arte a Venezia tra XVI e XIX secolo

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Giandomenico Tiepolo

 Giandomenico Tiepolo
(Venezia, 1727-1804)
GRUPPO DI PULCINELLA
olio su tela, cm 31x55

A GROUP OF PUNCHINELLOS
oil on canvas, cm 31x55

Provenienza
Parigi, Duc de Trévise; Parigi, Hôtel Drouot, 8 dicembre 1947, lotto 71; Parigi, Broglio; Parigi, Palais Galliera, 20 marzo 1974, lotto 44; attuali proprietari.

Bibliografia
[Daniel Catton Rich], Loan Exhibition of Paintings, Drawings and Prints by the two Tiepolos: Giambattista and Giandomenico, catalogo della mostra di Chicago (The Art Institute, 2 febbraio – 6 marzo 1938), Chicago 1938, p. 32 cat. 41 (Giambattista Tiepolo); A. Morassi, A Complete Catalogue of the Paintings of G.B. Tiepolo, London 1962, p. 40 (Giandomenico Tiepolo); Adriano Mariuz, Giandomenico Tiepolo, Venezia 1971, p.132 tav. 202 (Giandomenico Tiepolo); A. Mariuz, I disegni di Pulcinella di Giandomenico Tiepolo, in “Arte Veneta”, XL, 1986, p. 270 (Giandomenico Tiepolo), ried. in A. Mariuz, Tiepolo, a cura di G. Pavanello, Verona 2008, p. 233; Isabella Valente, Pulcinella da uno a centomila: la Maschera e la coscienza critica del reale in Giandomenico Tiepolo, in Quante storie per Pucinella. Combien d’histoires pour Polichinelle, atti del convegno di studi a cura di Franco Carmelo Greco, Napoli 1988, tav. XXXIV (Giandomenico Tiepolo); Isabella Valente, scheda, in Pulcinella maschera del mondo. Pulcinella e le arti dal Cinquecento al Novecento, a cura di Franco Carmelo Greco, Napoli 1990, p. 289 cat. 6-10, p. 292 (Giandomenico Tiepolo); G. Pavanello, Canova collezionista di Tiepolo, Mariano del Friuli 1996, pp. 18, 20-21 (Giandomenico Tiepolo); F. Pedrocco, Giandomenico Tiepolo: gli affreschi della villa di Zianigo, in Satiri, Centauri, Pulcinelli. Gli affreschi restaurati di Giandomenico Tiepolo conservati a Ca’ Rezzonico, catalogo della mostra a cura di F. Pedrocco, Venezia 2000, p. 53 (Giandomenico Tiepolo); George Knox, Pulcinella in Arcadia, in Tiepolo. Ironia e comico, catalogo della mostra di Venezia (Fondazione Giorgio Cini, 3 settembre – 5 dicembre 2004) a cura di Adriano Mariuz, Giuseppe Pavanello, Venezia, pp. 97, 109, 112 (Giambattista Tiepolo).

A parte le abrasioni agli angoli, dovute al contatto con la cornice come si può osservare pure lungo i margini della tela, la superficie pittorica si presenta all’osservazione diretta in buono stato di conservazione, con una vecchia verniciatura di restauro che abbassa leggermente le trasparenze dei toni cromatici temperati fin dall’origine, comunque, dalla visibile preparazione rossastra, consueta per l’ambito figurativo veneziano del Settecento, che aggalla nelle zone maggiormente chiaroscurate della composizione, conferendole un’ambientazione corrusca, enigmatica.
Trentadue Pulcinella si stipano, gobbi e panciuti con i loro caratteristici cappelli conici, tra l’ombra di un massiccio alle loro spalle e un muretto di campagna, a destra, su cui sono appoggiate varie pignatte. Nessuno di loro sta mangiando: a sinistra sembra che una maschera stia appoggiando il naso adunco per sentire gli effluvi della pentola; davanti un compagno è sdraiato, assopito forse ubriaco fradicio, a bocca socchiusa e con una fiasca al fianco; poco più al centro, la marmitta è diventata il sedile per un impassibile Pulcinella, che mette i piedi appoggiati su un lungo bastone, a sua volta in bilico su un copricapo caduto forse all’addormentato alle sue spalle oppure al defecante che gli sta di fronte, e ha accanto un secondo appisolato per presumibile eccesso di gozzoviglia, stretto da un compare all’altezza del basso ventre; un’ultima pignatta, ancora, è avvinghiata a un altro accolito, quasi all’estrema destra del gruppo principale di figure, mentre ormai gli occhi puntano sull’immagine oscena della deiezione in primo piano. Un Pulcinella, infatti, si è calato le brache e libera l’intestino sporgendosi seduto da un ramo poco sollevato da terra, mostrandoci le terga osservato da una coppia di maschere stanti.
Esposta nel 1938 all’Art Institute di Chicago con l’attribuzione a Giambattista Tiepolo, quando ancora si trovava nella raccolta parigina di Édouard Mortier duc de Trévise (1883-1946), la tela passò dopo la morte del nobile nella collezione Broglio sempre a Parigi per poi giungere nel 1974 all’attuale proprietà (cfr. Provenienza).
Spetta a Morassi, nel catalogo dell’opera pittorica di Tiepolo (1962), assegnare il dipinto a Giandomenico, principale collaboratore del padre. L’autorevole parere è stato accolto dalla bibliografia seguente, fino all’ultima menzione, a mia conoscenza, nella letteratura artistica quando invece Knox (2004) è tornato, pur “sulla base della scarna riproduzione” a sua disposizione, alla paternità stilistica di Giambattista e datazione al 1730 circa, collegando il quadro in esame a un disegno, già nella collezione Oppenheimer di Londra, dallo stesso studioso pubblicato (The Punchinello Drawings of Giambattista Tiepolo, in Interpretazioni veneziane. Studi di storia dell’arte in onore di Michelangelo Muraro, a cura di D. Rosand, Venezia 1984, pp. 440-441) con attribuzione a Tiepolo senior e associazione cronologica al 1734 degli studi grafici per gli affreschi di villa Loschi a Biron.
Knox sostanzialmente conferma le opinioni di Mariuz (1971, 1986), secondo cui la tela ex Broglio – considerata di Giandomenico – “è la trascrizione pittorica di un disegno di Giambattista”. Quasi sovrapponibile nell’impianto generale dell’invenzione già Oppenheimer, il presente dipinto mostra tuttavia varianti rispetto al prototipo, in primis l’assenza di forchettoni con gli gnocchi, derivando inoltre, come puntualizzato da Knox (2004), da altri due disegni sicuramente di Giambattista Tiepolo, cioè il Pulcinella ubriaco del museo di Amiens e la Coppia di Pulcinella della Fondazione Giorgio Cini di Venezia.
Il raggio dei rapporti tra la composizione dipinta e la cospicua produzione grafica di questi soggetti eseguita da Giambattista negli anni Trenta, durante quindi l’infanzia di Giandomenico (Mariuz 1984, p. 269), può essere ulteriormente ampliato. Nella tela, la figura con il profilo in ombra all’estrema sinistra, incastrata tra il primo Pulcinella sprofondato nel sonno e il tegame posto probabilmente a scaldare, parzialmente tratteggiata nel disegno già Oppenheimer, trova dei paralleli nelle simili figure ingobbite nella stessa posa, situazione di luce e in analoghe scene mangerecce del foglio dell’Art Institute di Chicago e in quello venduto il 31 gennaio 2013 (lotto 75) da Christie’s New York: peraltro in quest’ultima opera compare, a destra, il Pulcinella con la mano sul fianco che nel dipinto ex Broglio assiste non alla cucina rustica ma ai suoi scatologici effetti. Il medesimo personaggio si vede, stavolta accompagnato dal compagno con il cappello retto in mano (ma in diversa posizione) in un disegno di Giambattista segnalato nel 1951 in collezione privata di Zurigo (Valente 1990).
Come per il noto gruppo di fogli collegabile alla decorazione ad affresco (1740) di palazzo Clerici a Milano (cfr. Enrico Lucchese, Attorno alla galleria di Palazzo Clerici, in Lorenzo Finocchi Ghersi, Tiepolo a Milano. La decorazione dei palazzi Archinto, Casati e Clerici, Roma 2016, pp. 79-84), il prodigioso e ammirato “pronto carattere d’inventare, e inventando distinguere” di Giambattista Tiepolo ([Anton Maria Zanetti], Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia, Venezia 1733, p. 62) non gli consentiva di ripetere fedelmente in pittura le proprie immaginazioni disegnate, che abbandonavano un possibile status di studio preparatorio o d’après per acquisire quello di autonomo giacimento creativo: un immaginario su carta cui attinse soprattutto Giandomenico, l’autore senz’altro del presente dipinto, di cospicuo tasso esecutivo e da considerare realizzato in un momento di fervente dialogo con la visione paterna.
L’attribuzione si sostanzia proprio grazie ai menzionati legami dell’opera ex Broglio con i disegni di Giambattista, così come appartengono a Giandomenico decisivi stilemi pittorici: dai peculiari ammassamenti dei personaggi che si risolvono in una folla indistinta, alla consueta pennellata tremula e addensata nelle biacche, accordata su gamme luminose mai troppo accese e stretta da una linea di contorno nervosa e più marcata rispetto a quella del padre, ritrovabile pure nella sua condotta grafica, per esempio nel foglio del museo Atger di Montpellier con Tre Pulcinella, in cui quello accasciato a terra, sopra l’iscrizione vergata presumibilmente dallo stesso Giandomenico, si apparenta con il simile a fianco del Pulcinella assiso sulla pentola del dipinto in esame.
Per il disegno francese è stata ipotizzata una cronologia attorno alla metà del quinto decennio del Settecento (Knox 2006, p. 112 cat. 31), dunque contemporanea circa ai due dipinti con Pulcinella riconosciuti a Giambattista Tiepolo affatto distanti, pur nelle analogie dei temi, nella tavolozza e nell’impaginazione meno serrata, quasi claustrofobica della riunione pulcinellesca ex Broglio.
Esordiente nel 1747 con la Via Crucis per l’Oratorio del Crocefisso a San Polo, ciclo concluso nel 1749 (Mariuz 1971, p. 144) e criticato per certe “figure straniere parte vistiti alla spanola, schiavoni et altre caricature […] che lui li à fatti perché meglio comodono al suo caratro” (Edoardo Arslan, Quattro lettere di Pietro Visconti a Gian Pietro Ligari, in “Rivista Archeologica dell’antica provincia di Como”, 135, 1952, p. 63), il saturnino Giandomenico continuò naturalmente a collaborare con il padre seguendolo a Würzburg (1750-1753), entrando nel 1756 nella neo costituita Accademia veneziana presieduta da Giambattista e firmando l’anno dopo Il Ciarlatano e il vicino Mondo Nuovo affrescati nella stanza delle scene di carnevale nella Foresteria di villa Valmarana ai Nani, a Vicenza (Antonio Morassi, Giambattista e Domenico Tiepolo alla villa Valmarana, in “Le Arti” XIX, 1941, pp. 251-262), soggiornando infine con il genitore e il fratello Lorenzo in Spagna (1762-1770).
Al “settimo decennio” (Mariuz 1971) del periodo iberico si è fatta risalire l’esecuzione del Gruppo di Pulcinella in esame: un’analisi stilistica che trova conferma nel ritrovamento, sul retro dell’opera, di un cartellino di “Brun restaurador”, appiccicato sul telaio e sul rifodero, databile a prima dell’ingresso nella collezione del duc de Trévise.
Infatti, il cartellino si riferisce all’opera del restauratore Isidoro Brun y Aguilar (Madrid, 1819-1898), pittore e collezionista di disegni (cfr. Oriane Lavit, La colección de dibujos franceses de Isidoro Brun (1819-1898) en el Museo del Prado, in “Boletín del Museo del Prado”, XXX, 53, 2017, pp. 98-112). Se dunque è accertabile un’origine spagnola per il dipinto, esso può essere avvicinato, come suggeriva del resto già Catton Rich (1938), al leggermente più grande (34 × 58 cm) Trionfo di Pulcinella scoperto nel 1932 da Méndez Casal a Tangeri nella collezione Maxwell Blake assieme a Il cavadenti e Il ciarlatano: i tre quadri furono trasferiti a Kansas City, per poi passare a Parigi in collezione Barbara Hutton, poi a Roma in collezione privata (Mariuz 1971, pp. 135-136). Fiocco, che studiò le opere (reputandole di Giambattista) in Marocco, asseriva di possedere “per tre di esse ancora i frammenti di tela in cui si legge il nome del Tiepolo al rovescio, provenienti dalle vecchie foderature, su cui la segnatura antica lasciò la sua impronta oltre che all’anno 1765” (Giuseppe Fiocco, Tiepolo in Spagna, in “Le Arti”, V, 1942, p. 9): una data che andrebbe rapportata pure al verosimile pendant del Trionfo, cioè la tela ex Broglio raffigurante la cottura di pietanze, presumibilmente gnocchi, e la conseguente digestione connesse con la grottesca apoteosi di Pulcinella.
All’epoca della Glorificazione della Spagna dipinta da Giandomenico per l’Anticamera della Sala del Trono, per l’ultima volta fidato collaboratore del padre nei lavori a Palazzo Reale di Madrid e nel ciclo di pale per Aranjuez, “al macrocosmo opaco degli affreschi decorativi egli contrapponeva intanto il microcosmo lucente delle sue evocazioni di vita contemporanea, ritrovando una felicità creativa che si sarebbe supposta ormai perduta […] Ma rispetto alle analoghe opere precedenti l’umanità raffigurata appare più dimessa e come imbambolata in un clima sciroccale. La pennellata stessa è ora più approssimativa, le forme si indefiniscono nella luce, la struttura compositiva si allenta in cadenze di adagio […] un umore malinconico stempera il brio di questo perpetuo carnevale” (Mariuz 1971, p. 70). Nel dipinto ex Broglio Venezia è infatti lontana come un ricordo, oltre la montagna pirenaica sotto cui si sono accampati i Pulcinella.
Grazie alla lettura critica di Mariuz, alla testimonianza di Fiocco e al cartellino del restauratore spagnolo, cadrebbe allora la suggestiva ipotesi che uno o entrambi i dipinti ora detti siano i “Due quadretti di Baccanali di Pulcinella graziosissimi e molto finiti” offerti in vendita ed elencati come di Giambattista Tiepolo, “alti poco più di trenta centimetri per sessanta circa” ed estremamente cari (Pavanello 1996) da Ferdinando Tonioli in una lettera ad Antonio Canova scritta a Venezia il 26 marzo 1804.
Il tre di quel mese Giandomenico moriva, naufrago di un’era artistica ormai trascorsa, lasciando in eredità – all’umanità intera più che agli avidi congiunti – i disegni del Divertimento per li regazzi, “uno degli esiti supremi della civiltà figurativa settecentesca: la creazione di una fantasia mercuriale che accosta e combina i motivi più diversi, confrontandoli con l’irriducibile ambiguità della maschera; un’opera unica nel suo genere, limpida e inafferrabile, immediata come un racconto popolare e tuttavia percorsa dalla vertigine labirintica che si produce per lo sdoppiamento e la moltiplicazione dell’identico personaggio” (Mariuz 1986, p. 266).
Il muretto con le pignatte del frontespizio della serie ripete un’invenzione pittorica del nostro Gruppo di Pulcinella (Valente 1990): si può aggiungere che il disegno con il numero 95, il cosiddetto Carretto di fattoria oggi purtroppo decurtato a destra di circa un terzo della scena, mostra Pulcinella che defeca all’aria aperta presentandoci, come nell’opera ex Broglio, il posteriore nudo, seduto su un tronco. Gli escrementi cadono non lontano dalla firma dell’artista, mentre un compare orina verso il margine della carta: si è supposto che i due possano “essere becchini che stanno seppellendo in una fossa comune i criminali giustiziati” (Adelheid Gelt, Domenico Tiepolo. I disegni di Pulcinella, Milano 1986, p. 190) i cui cadaveri starebbero sotto il lenzuolo rigato del carretto. L’inquietante immagine sarebbe quindi conseguente alle fucilazioni e impiccagioni di Pulcinella disegnate in altri fogli del Divertimento, opera non distante dalla camera dedicata a questa maschera universale nella villa di Giandomenico a Zianigo, decorata tra 1793 e 1797: l’anno di Campoformido e del funerale, da ultimo giorno di carnevale a leggere le cronache del tempo (cfr. Mariuz 1986, pp. 270-271), del secolare Ancien Régime marciano.

Enrico Lucchese



Arte a Venezia tra XVI e XIX secolo
mer 28 SETTEMBRE 2022
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